Le macchine sono progettate per fornire risposte, gli uomini per porre domande
È proprio così vero e inevitabile che, in un prossimo futuro, le macchine ci prendano la mano e finiscano per dominare sul genere umano? I progressi nel campo dell’Intelligenza Artificiale renderanno il nostro cervello una macchina inadeguata, per competere con elaboratori sempre più performanti? Personalmente non credo che questo possa davvero avvenire. Non nell’immediato, quanto meno.
Ecco alcune riflessioni scaturite da una recente videointervista su Edge.org, Kevin Kelly, studioso di cultura digitale, scrittore e cofondatore di Wired è tornato ad affrontare il tema del futuro prossimo della tecnologia. “I prossimi 20 anni offuscheranno i 20 che li hanno preceduti” in termini di avanzamento tecnologico, ha dichiarato tra l’altro. Impressione del tutto condivisibile.
Del resto, se avessimo una macchina del tempo per tornare indietro di 20 anni, raccontare ai noi stessi degli anni ’90 quello che stiamo facendo oggi con i nostri dispositivi mobili provocherebbe enorme stupore. Ecco, quello che avverrà nei prossimi 20 sarà ancora più incredibile, secondo Kelly, tanto da oscurare completamente quanto stiamo vivendo oggi.
Le basi da cui parte il discorso di Kelly affondano le radici nelle tesi di Ray Kurzweil, nella sua “legge dei ritorni acceleranti”, secondo la quale il tasso di progresso tecnologico è una funzione esponenziale e non lineare. Se parliamo di tecnologia, dunque, ogni nuovo progresso rende possibili altri numerosi progressi, di livello più elevato, circostanza che consente di ottenere ogni anno un maggior numero di invenzioni e di scoperte rispetto all’anno precedente.
Dalla “legge dei ritorni acceleranti”, Kurzweil ha elaborato la teoria della singolarità GNR (Genetica, Nanotecnologia, Robot), secondo la quale il prossimo stadio dell’evoluzione umana consisterà nell’integrazione, all’interno del corpo umano, di elementi tecnologici derivanti dalla ricerca nanotecnologica e robotica. Quella che personalmente definisco “ibridazione”.
Siamo all’alba della generazione dei Cyborg? La naturale propensione del genere umano al miglioramento, all’abbattimento dei limiti e dei record del passato, ad un progresso sempre più “dopato” dalla tecnologia sta davvero per oltrepassare la soglia dell’umano per sfociare in quella dell’umanoide?
Nella sua intervista, Kelly sostiene che i progressi più importanti saranno operati nel campo della robotica e dell’automazione. I robot non sostituiranno gli uomini, ma li aiuteranno a svolgere compiti e lavori che li metterebbero in pericolo, o in difficoltà, o che essi non potrebbero svolgere affatto.
Ma sarà anche un’epoca in cui monitoraggio e sorveglianza faranno un significativo balzo in avanti, secondo Kelly. Intelligenza Artificiale, dispositivi sempre più avanzati e problematiche sempre più complesse, daranno vita ad uno scenario in cui sorvegliati e sorveglianti interagiranno tra loro e si monitoreranno a vicenda, in un infinito gioco di specchi in cui la regola aurea sarà rappresentato dalla trasparenza: ognuno dovrà sempre sapere da chi è controllato e chi sta controllando e perché e come poter interagire e migliorare i risultati e l’intero processo. Kelly la definisce “coveillance”.
In un mondo sovraffollato e pieno di insidie e di complessità, la sorveglianza e il monitoraggio rappresentano pilastri ineludibili, oltre che garanzie indispensabili per la sopravvivenza del genere umano e del pianeta stesso. L’incidente di Chernobyl, accaduto nell’ormai lontano 1986, è una delle dimostrazioni lampanti di come non si dovrebbe mai giocare con tecnologie più avanzate della nostra capacità di difenderci da esse. Se non altro sorvegliandole e monitorandole in modo impeccabile.
E forse anche togliendoci le castagne dal fuoco e “mettendo qualche pezza” ai nostri errori e alla nostra presunzione. I robot e le macchine del futuro saranno chiamati anche a questo, secondo la mia personale visione: a mettere il genere umano nella condizione di rischiare sempre di più, in termini di sperimentazione tecnologica, senza mettere a repentaglio il genere umano.
Un’altra certezza riguarda i cosiddetti “Big Data”, che saranno sempre più centrali per mettere le macchine nella condizione di rispondere e anticipare le domande degli utenti. Questo è per Kelly un punto focale: “Machines are for answers. Humans are for questions.” L’elaborazione dei Big Data renderà le macchine capaci di interpretare il linguaggio umano (web semantico) e in questo modo di anticipare le loro necessità, i loro problemi, le loro richieste.
Se ho mille persone di Roma che twittano o postano su Facebook “sto andando al mare ad Anzio” (nelle mille sfumature di linguaggio in cui ciò può avvenire), le macchine sapranno che sulle strade tra Roma e Anzio ci sarà traffico, che i distributori di benzina si riempiranno di macchine in coda, che gli stabilimenti balneari finiranno lettini e ombrelloni, che i ristoranti faranno un ottimo incasso, etc.
Secondo Kelly questo scenario determinerà l’avvento di nuove metriche e di nuovi valori, in rete. Fare delle buone domande, infatti, varrà come e più che avere delle ottime risposte. Il paradosso è di quelli stimolanti: “Ogni volta che ci affidiamo alla scienza per ottenere una risposta […] otteniamo due o tre nuove domande. Mentre la scienza aumenta la nostra conoscenza, dunque, con anche maggiore velocità essa finisce per aumentare la nostra ignoranza. In un certo senso, ciò che acquisirà davvero valore in un mondo dominato da Google saranno le grandi domande. Il che significa che per molto ancora gli uomini saranno migliori delle macchine.”
FONTE: Business Insider
FOTO: wikipedia.org