Il negozio del futuro? Chissà, quelli attuali sono rimasti nel passato
Come immaginate che possa essere un negozio, tra 20 anni? Io non ne ho idea, perché non amo la fantascienza e la mia fantasia è limitata, ma non ho dubbi su quelli del presente: sono rimasti prigionieri di un passato remoto, in cui la gente girava per scaffali o chiedeva a un commesso quello che gli occorreva.
Oggi siamo in un’epoca diversa. Alcuni la chiamano “the age of costumer”, l’era del cliente, logica evoluzione di tre ere che si sono succedute in rapida sequenza, a partire dall’inizio del secolo scorso: l’era della manifattura (1900-1960), quella della distribuzione (1960-1990) e quella dell’informatizzazione (1990-2010).
La cosa peggiore è che molti negozi non hanno ancora vissuto appieno l’era dell’IT, che a partire dagli anni ’90 ha cambiato radicalmente il mondo, portandolo in una dimensione nuova. È pur vero che la nuova era è agli albori, ma se guardiamo la durata delle precedenti non è probabile che duri a lungo. Se la prima era è durata 60 anni, infatti, la seconda si è consumata in 30 e la terza in 20 appena.
Il progresso, che aveva viaggiato su una curva di tipo lineare fino al grande balzo della rivoluzione industriale, corre oggi (per comoda approssimazione) su una curva di tipo esponenziale, riducendo drasticamente il tempo necessario per passare da una tecnologia all’altra. La “legge dei ritorni accelerati” di Ray Kurzweil lo indica chiaramente, sebbene i suoi detrattori ne indichino non pochi limiti.
Sia come sia, gli ultimi 20 anni sono stati capaci di cambiare il mondo come mai prima era successo. Ecco perché sostengo, senza paura di essere smentito, che le aziende sono rimaste indietro e che l’uomo della strada, che prima dei PC e del web scriveva ancora a mano, mentre negli uffici si usavano tecnologie più avanzate, è oggi davanti anni luce a chi vorrebbe continuare a fare business alla vecchia maniera.
Primi tra tutti i negozi, in troppi casi rimasti prigionieri del modello anni ’80-’90, in pieno boom della grande distribuzione organizzata, che in quegli anni dava vita in Italia ai primi grandi centri commerciali. Per loro il tempo sembra essersi fermato a un modello che il pubblico non apprezza più e che non tiene conto delle innovazioni tecnologiche e delle necessità degli utenti.
Si fa un gran parlare di User Experience, quando ci si riferisce alle strutture presenti in rete, ma questo concetto abbraccia tutti i settori e tutte le realtà imponendosi, nell’era del cliente, come una priorità assoluta e ineludibile. Una priorità che il negozio per come lo conosciamo disattende completamente.
Cosa ci si dovrebbe aspettare dunque, da un negozio moderno e cliente-centrico? Come potrebbe essere coniugato l’uso della tecnologia con le esigenze del pubblico? Ovviamente non esiste una ricetta valida per tutte le categorie merceologiche e per tutte le strutture. Al contrario, i negozi dovrebbero essere oggi completamente differenti, l’uno dall’altro, rappresentando ciascuno un’esperienza e una sorpresa. Intrattenendo, prima ancora che vendendo.
Cosa immagino, in concreto? Delle strutture in cui si possa principalmente provare, fare delle esperienze, vedere gli oggetti che vorremmo comprare nel loro ambiente e nel loro utilizzo, piuttosto che chiusi in scatola sugli scaffali. Perché quella prospettiva ormai la possiamo sperimentare sui nostri computer e sui nostri dispositivi mobili, piuttosto che in negozio.
O anche in negozio, ma all’interno di una App e di fronte ad un ambiente che lasci spazio ad un’esperienza più appagante. Alla prova pratica, piuttosto che alla passiva contemplazione o alla frustrante comparazione delle caratteristiche tecniche di ciascun oggetto.
Immaginate una libreria. Dimenticatevi le grandi sale piene di scaffali e immergetevi invece in salette esperienziali, in cui poter vivere davvero le atmosfere dei grandi classici, piuttosto che dei gialli o dei libri di viaggio o dei libri di cucina. Non più metri e metri di libri accatastati, ma comode poltrone su cui lasciarsi andare a una narrazione nuova e diversa, alla consultazione di brevi parti dei libri che poi si acquisteranno, in versione cartacea o digitale. Magari bevendo un the, o sorseggiando un rhum.
Non si tratta di fantascienza, ma di una totale riorganizzazione del modello dell’organizzazione dei punti vendita, che dovrebbero avere una netta separazione tra l’area di stoccaggio dei volumi, nel caso di una libreria, e quella dell’esperienza d’acquisto, in cui il cliente sia guidato nella scelta non più da parametri predeterminati e determinati da esigenze di natura prettamente commerciale, bensì da un percorso personalizzato e dall’esperienza in cui s’immerge.
Si tratta soltanto di un esempio, ovviamente, ma è davvero arrivato il momento in cui i negozi cambino volto ed era, virando verso le esigenze dei singoli clienti e verso la loro necessità di venire a contatto con gli oggetti in un modo nuovo. Del resto anche gli oggetti, stanno cambiando radicalmente.
Le tecnologie indossabili (wearable technologies) e internet degli oggetti (IoT – Internet of Things) richiederanno sempre più un approccio esperienziale e individuale, piuttosto che una mera esposizione a scaffale. Sarà dunque necessario che nei punti vendita siano presenti aree di prova attrezzate, piuttosto che espositori inutili e passivi. E personale molto qualificato, piuttosto che commessi svogliati e distratti.
Il modello Decathlon, in cui in ogni reparto sono presenti piccole aree di prova ed esperti di ciascuno sport in qualità di consulenti, sarà sempre più un punto di riferimento, piuttosto che una piacevole eccezione. Ma siamo ancora in un ambito quasi tradizionale. Ikea si sta spingendo oltre, con veri e propri ambienti arredati di tutto punto e in linea con una precisa idea di stile.
Ecco, questi esempi possono aiutare a comprendere come debbano essere i negozi, nell’era del cliente, ma già oggi ci si aspetta di più e di meglio, soprattutto in ambito tecnologico. Ecco perché non è più immaginabile che si possa partire dal negozio, quando si immagina una nuova attività. Il fulcro di tutto deve essere incentrato invece sulla tecnologia e l’eCommerce deve sempre rappresentare il paradigma di riferimento.
Il negozio deve essere un plus, non il punto di partenza. Esso deve essere concepito come lo showroom dei prodotto che intendiamo vendere, non il luogo in cui necessariamente ha luogo la vendita, che sempre più avviene in forma digitale, con la consegna dei prodotti a casa e, se necessario, la loro installazione ad opera di personale qualificato.
È davvero difficile raccontare come dovrebbe essere il negozio del presente, ma è fondamentale che questo breve articolo vi lasci due certezze:
- la crisi non esiste, è solamente un alibi che non vi aiuterà a tenere alzata la serranda e non si esaurirà finché non sarete voi stessi a cacciarla via, con una nuova partenza;
- i negozi come li conosciamo sono degli zombie, che nella migliore delle ipotesi potranno trascinarvi verso un lento ma inesorabile declino. Guardare avanti è inevitabile!
Queste certezze salveranno la vostra attività e faranno crescere la vostra città e il Paese intero, perché saranno in grado di dare vita a città e a cittadini nuovi e pronti per un futuro che ci sta scappando di mano.